
Terre e rocce da scavo: rifiuti speciali provenienti da diversi contesti
Terre e rocce da scavo sono tra i rifiuti speciali più rappresentativi nel contesto dei cantieri edili, di quelli delle grandi opere e di quelli infrastrutturali. Il loro smaltimento si configura quindi come una delle operazioni più frequenti in questi scenari e per i produttori di questo tipo di rifiuti può rivelarsi una sfida articolata e complessa dal punto di vista della gestione ambientale.
Tra i rifiuti edili alcuni possono essere definiti rifiuti inerti, peraltro oggetto di un recente intervento normativo (il Decreto ministeriale 127/2024 conosciuto anche come Decreto Inerti 2024 o End of Waste inerti), le terre e rocce da scavo però non rientrano tra questi, salvo precise eccezioni, e quindi richiedono di essere gestiti in modo specifico.
Con terre e rocce da scavo, spesso abbreviato in TRS, si intendono il suolo e i materiali scavati nello svolgimento di operazioni di diverso tipo. Il Decreto del Presidente della Repubblica 120/2017 è il provvedimento di riferimento che disciplina la gestione di questi residui.
In questa norma vengono descritte le operazioni da cui si ottengono TRS: tra queste ci sono la costruzione di opere infrastrutturali come strade, condotte, reti, ma anche la realizzazione di perforazioni, fondazioni, scavi e consolidamenti.
Si tratta di materiali compositi ed eterogenei che possono contenere elementi di diverso tipo ma il cui riutilizzo deve considerare la possibilità di eventuali inquinanti. Le concentrazioni soglia di contaminazione sono previste dalla normativa che ha redatto specifiche tabelle in base all’uso nei siti di destinazione.
I rifiuti nella bonifica di siti contaminati
Terre e rocce da scavo comprendono anche terre da riporto, cioè i materiali di origine antropica ottenuti nel corso di lavori di cantiere e anche dalla bonifica ambientale di aree inquinate e di siti contaminati.
In queste particolari attività, quindi quando i cantieri sono all’interno di siti contaminati, è importante seguire le normative per la gestione dei residui per limitare i rischi per la salute umana e recuperare l’utilizzo di queste aree.
Gli interventi di bonifica e recupero di siti inquinati sono regolati dal Testo Unico Ambientale (Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152) che all’articolo 240 tratta specificamente del tema.
Il quadro di riferimento normativo e i regimi di gestione delle terre e rocce da scavo
Gestione e smaltimento delle terre e rocce da scavo sono disciplinate principalmente dal DPR 120/2017 citato in precedenza. Questo provvedimento è costituito da 31 articoli suddivisi in 6 titoli e da 10 allegati.
L’obiettivo del decreto è organizzare in modo sistematico e semplificato un sistema capace di armonizzare quanto disposto dalle direttive precedenti. L’idea alla base dell’intervento normativo è quella di presentare la strategia per trattare questo tipo di residui tutelando la salute umana e rendendo minimo l’impatto ambientale sul pianeta.
Il DPR 120/2017 non è applicabile ai rifiuti provenienti direttamente dall’esecuzione di interventi di demolizione né all’immersione in mare di materiale derivante da attività di scavo e di posa in mare di cavi e condotte.
Nel caso specifico della bonifica dei siti contaminati, il DPR 120/2017 si esprime nell’articolo 12 e nel titolo V agli articoli 25 e 26.
La gestione delle terre e rocce da scavo all’interno di siti contaminati oggetto di bonifica
La normativa prevede per la gestione delle terre e rocce da scavo tre modalità diverse:
- le TRS possono ottenere la qualifica di sottoprodotto ed entrare all’interno di percorsi circolari di valorizzazione;
- possono essere riutilizzate in sito;
- devono, nel caso in cui non siano applicabili i due scenari precedentemente descritti, essere qualificate come rifiuti e di conseguenza trattati come previsto (Parte IV del Testo Unico Ambientale).
Vediamo più nel dettaglio come si articolano questi scenari.
La qualifica di sottoprodotto prevede che il materiale soddisfi precise condizioni: il residuo non deve avere origine da un processo produttivo che abbia come scopo la produzione del materiale stesso; deve avere un utilizzo futuro che deve essere diretto, senza che subisca trattamenti o procedessi; in ultimo ma non meno importante, non deve avere impatto negativo sull’ambiente o portare rischi per la salute.
Questa situazione per le terre e rocce da scavo è descritta da due riferimenti normativi:
- l’articolo 184 bis del Testo Unico Ambientale,
- gli articoli dal 4 al 22 del DPR 120/2017.
I contesti a cui si riferiscono queste disposizioni sono di tre tipi: i cantieri di grandi dimensioni, quelli di grandi dimensioni non sottoposti VIA/AIA e i cantieri di piccole dimensioni.
È possibile riutilizzare TRS all’interno dello stesso sito di produzione da cui sono state ottenute quando queste non presentano contaminanti e possono essere escluse dalla disciplina dei sottoprodotti e da quella dei rifiuti.
Se il materiale scavato non può essere sottoprodotto né essere riutilizzato in sito, deve essere gestito come rifiuto e seguire l’iter di trattamento previsto per i rifiuti speciali, sia in termini di classificazione, che a livello operativo e documentale.
Utilizzo come sottoprodotto nei siti oggetto di bonifica
Per quanto riguarda i siti oggetto di bonifica, la gestione di TRS è più complessa e articolata, dal momento che i rischi di contaminazione richiedono un’attenzione maggiore sia per la tutela ambientale e della salute delle persone, che dal punto di vista della conformità e responsabilità amministrativa.
L’articolo 12 del DPR 120/2017 chiarisce che, all’interno di cantieri di grandi dimensioni in siti sottoposti a procedimento di bonifica, è possibile attribuire la qualifica di sottoprodotto alle terre e rocce da scavo.
A livello normativo, questa procedura richiede di soddisfare determinate condizioni: una caratterizzazione ambientale preliminare, la validazione da parte degli organi di competenza (ARPA) dei parametri di qualità ambientale (i cui valori di concentrazioni soglia di contaminazione devono essere inferiori ai limiti) e la predisposizione e successiva comunicazione del piano di utilizzo.
Per i cantieri di piccole dimensioni che operano in siti oggetto di bonifica, è applicabile il medesimo procedimento.
Riutilizzo in sito nella bonifica di siti contaminati
Quando è già stato formalmente avviato un procedimento di bonifica (secondo quanto previsto dal Testo Unico Ambientale), è possibile riutilizzare le terre e rocce da scavo all’interno del sito stesso.
Se i valori di contaminazione sono inferiori a quelli prescritti o se sono compatibili con le concentrazioni soglia di rischio, è infatti possibile servirsi nuovamente di queste matrici materiali da riporto nel cantiere stesso da cui provengono.
Anche in questo caso è necessario produrre e trasmettere la documentazione del piano operativo degli interventi e ottenere l’approvazione tecnica da parte dell’ARPA territorialmente competente.
TRS come rifiuti speciali e rifiuti speciali pericolosi
Terre e rocce da scavo si considerano rifiuti all’interno delle aree di bonifica di siti contaminati quando non possono ottenere la qualifica di sottoprodotti o quando non soddisfano i criteri per essere riutilizzati in sito.
Nel caso di terre da riporto contaminate, il trattamento sarà quello destinato a rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi. La gestione dei siti oggetto di bonifica, infatti, deve essere trattata secondo quanto disposto dalle normative per non accrescere il danno ambientale e riportare l’area a condizioni di salubrità che ne consentano l’utilizzo.
La conformità normativa, la tutela dell’ambiente e l’efficienza operativa
Nella gestione di cantieri e in particolare nella bonifica di siti contaminati, è determinante assicurare conformità normativa alle operazioni per evitare sanzioni e agire in modo da rispettare l’ambiente senza compromettere la salute delle persone.
In questo tipo di operazioni, una condotta che rispetti le direttive è garanzia anche di efficienza operativa, dal momento che le diverse attività richiedono la produzione e la trasmissione della documentazione agli organi di controllo, ai quali spetta il compito di approvarla.
Affidarsi ad un gestore ambientale di esperienza si traduce in professionalità e sicurezza: il caso della bonifica di siti contaminati e in particolare della gestione delle terre e rocce da scavo, richiede un partner con competenze certificate.
In Sicilia Ecodep si è occupata di bonifiche ambientali e continua ad essere il punto di riferimento per la gestione di materiali di riporto nei siti contaminati.
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